Congelamento degli ovociti per la preservazione della fertilità
Sempre più donne richiedono la vitrificazione degli ovociti sia per scelta volontaria che a causa di una malattia che necessiti di terapie dannose per il patrimonio ovocitario.
La conservazione volontaria viene richiesta quando una donna non trovandosi in una situazione che le consenta una maternità e vede passare il tempo,decide di rivolgersi al centro.Anche qui prima viene eseguita la tecnica e meglio è. Generalmente buoni risultati si ottengono prima dei 39 anni.
Un’altra scelta importante è quella di una paziente con patologia endometriosica. Anche qui la precocità della scelta fa la differenza. Non c’è un’età minima! Viene consigliato il recupero ovocitario a tutte le donne che debbano eseguire un intervento chirurgico per rimozione di cisti endometriosiche visto che questa patologia causa precoci esaurimenti della riserva ovarica che possono causare sterilità in donne anche sotto i 35 anni.
Grazie ai progressi ottenuti in campo oncologico le probabilità di guarigione nelle donne affette da tumori, sono notevolmente aumentata negli ultimi anni. Purtroppo le terapie che vengono effettuate sono altamente dannose per gli ovociti ed il tessuto ovarico. È importante valutare in questi casi anche la possibilità di preservare la fertilità di tali pazienti. Numerosi studi dimostrano che quando viene offerta la possibilità di ottenere una gravidanza in futuro l’ autostima, ed anche la qualità di vita, migliora.
Le nuove metodologie di congelamento utilizzate, come la vitrificazione, garantiscono percentuali di sopravvivenza e d’impianto del tutto sovrapponibili a quelle degli embrioni freschi. Anche nel caso degli ovociti, per le giovani donne, le percentuali di sopravvivenza, di fecondazione e d’impianto sono notevolmente incoraggianti.
E’ quindi consigliabile per le donne in età riproduttiva congelare ovociti prima di sottoporsi ai trattamenti radio-chemioterapici.
Occorre considerare che le limitazioni al congelamento sono la necessità di una stimolazione ovarica e quindi l’eventualità di attendere un periodo di 2-3 settimane prima della chemioterapia. Inoltre è importante considerare che, durante la stimolazione, si va incontro a elevati livelli di estradiolo e questo potrebbe rappresentare un problema quando i tumori sono ormono-dipendenti. Studi recenti non hanno dimostrato un peggioramento del rischio in queste classi di pazienti,ma ulteriori dati sono necessari per confermare queste comunicazioni.
Per le pazienti non in età riproduttiva sarebbe idoneo il congelamento del tessuto ovarico da trapiantare successivamente al trattamento chemioterapico. Oggi il congelamento del tessuto ovarico è in fase sperimentale ed ancora oggetto di ricerca; pochi sono i successi ottenuti in questa direzione,ma ci sono già i primi nati in donne alle quali è stato trapiantato il loro tessuto ovarico crioconservato prima delle terapie antitumorali.
La preservazione della fertilità femminile può essere utile, non solo alle pazienti oncologiche, ma anche a quelle donne che devono sottoporsi a terapie contro il Lupus (il trattamento può danneggiare le cellule uovo) o quelle che hanno in famiglia cause di menopausa molto precoce. Soprattutto sempre più esperti consigliano il congelamento di ovociti ed embrioni prima di sottoporsi a terapie chirurgiche contro l’endometriosi.
È noto come tale patologia possa nel tempo causare dei danni sulla qualità degli ovociti e degli embrioni, benché il meccanismo d’azione non sia ancora chiaro.
Congelamento liquido seminale per la preservazione della fertilità
I trattamenti radiochemioterapici possono causare danni a livello del tessuto testicolare ed in particolar modo sulla spermatogenesi. La crioconservazione degli spermatozoi è la strategia che da moltissimi anni viene messa in atto per preservare la fertilità maschile. Gli spermatozoi resistono perfettamente al congelamento e non vi è limite di tempo. Sono note gravidanze andate a buon fine anche 15-20 anni dopo la crioconservazione.
Anche per l’uomo è possibile congelare il liquido seminale di pazienti portatori di patologie infettive ( epatite B, epatite C, HIV).
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